« Colori in posa. L’atelier di pittura come dispositivo visuale : 1810-1840 »
Résumé
La maggior parte delle consuetudini odierne sulla rappresentazione del colore nelle immagini ha le sue radici in idee, teorie e applicazioni codificate nella prima metà dell’Ottocento. Come hanno mostrato gli studi di Jonathan Crary, gli anni compresi tra il 1810 e il 1840 segnano un periodo seminale per l’affermazione di nuovo modello di osservatore sulla scena nascente della modernità, con il passaggio da una considerazione delle impressioni percettive come attributo delle cose esterne a un paradigma che definisce invece, sulla scia dell’ottica fisiologica, la visione come risultato del ruolo della mente. Sullo sfondo di questo orizzonte problematico, nel presente intervento propongo una rilettura dei più importanti trattati di pittura francesi pubblicati nella prima metà dell’Ottocento, al fine di mostrare come l’affermarsi di un nuovo paradigma sulla visione del colore evidenzi interessanti convergenze con i problemi concreti che il pittore si trova ad affrontare nel suo atelier. Come tradurre i colori reali sulla tela del dipinto? Come organizzare lo spazio dell’atelier in funzione del quadro? In che modo deve essere vista la realtà da dipingere da parte del pittore? Un sistema articolato di allestimento dell’atelier, che utilizza la luce naturale, si codifica definitivamente attorno agli anni trenta dell’Ottocento attraverso un modello che continuerà a sopravvivere negli studi d’artista nella seconda metà del secolo e troverà particolare fortuna in quelli fotografici.
Mots clés
France
XIXe siècle
peinture
photographie
Grandpierre-Deverzy
pigment
Charles Bourgeois
Gaspard Monge
colorimétrie
Francois Biot
techniques du regard
dispositif
optique physiologique
Paillot de Montabert
Dagnan-Bouveret
traité de peinture
perception
couleur
lumière
jour
école de David
Svetlana Alpers
atelier