La Clotilde overo la Francia convertita di Coli Lucchese (1686) e la Clotilde di Piccioli (1688) si collocano ai due estremi del continuum dell’educazione musicale femminile della Venezia di fine XVII secolo. La prima è una pièce in prosa destinata a un convento di ex prostitute, mentre la seconda è redatta per le “putte di coro”, cioè le musiciste formatesi negli Ospedali della città, che ospitavano varie categorie di fanciulle svantaggiate. Le fonti primarie mostrano una narrativa contraddittoria da parte del pubblico e dei visitatori dell’epoca, intrigati sia dall’ideale di purezza rappresentato da religiose ed educande, sia dalla possibilità di fare breccia nella loro vita ben regolamentata. Ciononostante, l’ermeneutica dell’Opera Le Amazoni nell’Isole Fortunate (Piccioli, 1679), organizzata da Marco Contarini nella sua villa in Terraferma, colloca le fanciulle degli Ospedali all’interno di un apparato di perpetuazione dell’egemonia patrizia attraverso il controllo delle rappresentazioni. In questo studio, si dimostrano le molteplici ricadute formative di tale apparato: costruzione di una coscienza nazionale veneziana; costruzione del mito straniero dell’Italia come luogo della musica e del mistero; successo assistenziale nell’integrazione sociale delle ragazze svantaggiate; instaurazione di un modello di pedagogia e professionalizzazione del talento musicale; infine, opportunità per i Maestri dei “cori” di sperimentare nella loro arte.